Lo scorso 13 maggio si sono tenuti gli Stati generali dell’ Education che Confindustria Nazionale ha organizzato a Torino.
Perché Stati Generali? Gli Stati Generali erano un’assemblea consultiva nel Regno di Francia. Erano nati nel Medio Evo, come organo di rappresentanza dei diversi ceti sociali (si riunì per la prima volta nel 1302) ed avevano il compito di bilanciare il potere della monarchia.
Gli Stati Generali si riunivano quando incombevano sul Paese particolari pericoli per assumere decisioni. Insomma oggi si direbbe una sorta di grande assemblea nazionale.
Confindustria si è riunita a Torino per riflettere sul tema “education” poiché incombe sul nostro Paese un potenziale pericolo che consiste nel sottovalutare quella si può definire una vera e propria emergenza, ovvero quella di trovare le competenze richieste dalle imprese dando così un futuro lavorativo alle nuove generazioni.
I dati da cui si è partiti fotografano una situazione di partenza che ci deve allarmare e far muovere velocemente la direzione di marcia. In un mondo che cambia con straordinaria rapidità, che risulta sempre più globalizzato e interconnesso, diventa urgente riflettere sui fenomeni che siamo soliti definire sinteticamente 4.0, per capire – soprattutto – come affrontarli e come prepararsi al futuro.
Dove siamo:
Il 3,4% del nostro PIL è dedicato all’istruzione. Siamo passati dal 4% al 3,4% negli ultimi 10 anni, e in particolare la spesa per il livello di istruzione terziario è molto bassa rispetto ai nostri competitor.
Il 4,4% dei giovani italiani under25 alterna percorsi strutturali di studio e lavoro strutturali.
Il 3,2% dei giovani italiani tra i 16 e 29 anni ha zero capacità digitali di base. E il 75% dei docenti ha urgente bisogno di formazione in materia ICT.
Sul fronte della nostra formazione terziaria: soltanto l’1% dei nostri studenti terziari fa percorsi di formazione professionalizzante, principalmente i nostri ITS, che sono fondamentali per trovare un lavoro e mantenerlo nel tempo. Nell’ultimo anno sono 2.601 i diplomati ITS.
Ancora pochi i laureati, e pochissimi i laureati STEM: l’Italia, tra i paesi OCSE, ha una tra le più basse percentuali di giovani che si laureano, e in particolare che si laureano in percorsi STEM. Guardando ai flussi dell’istruzione in Italia, si scopre che in Italia ogni anno si laurea in discipline STEM solo l’1,4% dei giovani tra i 20 e i 29 anni che vivono nel nostro Paese, con una preponderanza schiacciante dei ragazzi sulle ragazze (1,2% maschi vs 0.2% donne).
Dove possiamo arrivare, e possiamo farlo nei prossimi 5 anni:
4,4% la percentuale di PIL speso per l’istruzione. Ci sono paesi come USA e Germania sono al 5%, Cina e India non scendono sotto il 4%. Dobbiamo passare dagli attuali 70 Miliardi di spesa l’anno ad almeno 90 Miliardi. Con 20 miliardi in più possiamo puntare su più orientamento, più formazione sul lavoro, laboratori, e soprattutto più ITS per costruire le basi per un canale di formazione terziaria professionalizzante di cui il Paese ha urgente bisogno.
La percentuale totale di giovani under25 che studiano e lavorano: dobbiamo raggiungere almeno il 20%, perché così ci si prepara meglio al mercato del lavoro. Abbiamo picchi come quello della Germania al 36,8%. A distanze siderali dal nostro 4,4%.
Il deficit digitale dei nostri giovani: va ridotto dal 3,2% all’1%. Obiettivo raggiunto da tutti i nostri paesi competitor, anche quelli rappresentati oggi. Dobbiamo colmarlo a partire dai nostri insegnanti: quel 75% di insegnanti che vanno formati alle tecnologie digitali deve diventare il 40% della media dei paesi europei.
La formazione terziaria professionalizzante: almeno il 20% del totale della formazione terziaria. Dobbiamo creare percorsi che inseriscono direttamente in impresa e sul lavoro. Altrimenti resteremo indietro.
In particolare i nostri ITS, che rappresentano il cuore della nostra formazione professionalizzante, devono passare dagli attuali 2.601 diplomati annui ad almeno 20mila. Dato che in proporzione ci permetterebbe di rimetterci al passo con i nostri competitor, anche se in parte, e che risponderebbe alla domanda di competenze tecniche delle nostre imprese.
Altro punto nodale: i percorsi STEM. Non possiamo arrivare al quasi 4% di giovani cinesi laureati STEM o ai livelli dell’India che ogni anno laurea un numero di ingegneri che è due volte la popolazione islandese. Ma un paese manifatturiero come il nostro deve e può avere almeno il 3% di laureati STEM sul totale dei giovani tra i 20 e 29 anni che si laureano ogni anno, che è comunque un dato al di sotto del 3,6% della Germania o del 3,8% del Regno Unito.
E’ una sfida cui Confindustria non intende sottrarsi, sapendo che occorre affrontarla con grande umiltà ma anche con grande determinazione.
Per questo Punto Confindustria partecipa all’Iniziativa
Il giardino dei talenti
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